Il Ducato di Castro fu eretto da papa Paolo III Farnese con la bolla Videlicet immeriti del 31 ottobre 1537. Castro, una cittadina della maremma laziale arroccata su un tipico sperone tufaceo, nei pressi del fiume Fiora ne divenne la capitale.

Il Ducato di Castro si estendeva dal mare Tirreno al lago di Bolsena, in una striscia di terra delimitata a sud dal fiume Marta e a nord dal Fiora.

Fin dal XIII secolo i Farnese dominavano vasti territori e città della Tuscia Laziale. Nel 1354 I Farnese risultavano già possessori di alcuni castelli fra i quali Farnese, una parte di Tessennano, Ischia e Cellere ad est del lago di Bolsena. Nel 1385 il patrimonio feudale controllava Capodimonte sulle rive del lago di Bolsena, Latera ed altri centri nel retroterra (Onano, Piansana, Valentano). Ranuccio il vecchio, in cambio dei suoi servigi militari a favore dei pontefice Eugenio IV ottenne concessioni temporanee su Marta., Gradoli, Canino, Ponte della Badia.

Il testamento di Ranuccio (1450) riflette una situazione florida ed una chiara coscienza dell’importanza sociale e politica dei Farnese: un patrimonio di feudi e vicariati cui si aggiungevano vaste tenute agricole, un palazzo a Viterbo, case a Montalto e Castro. Ma la vera fortuna dei Farnese non furono soltanto le imprese guerresche ma soprattutto la carriera di Alessandro Farnese “uomo ornato di lettere e di apparenza di costumi, e che aveva esercitato il cardinalato con miglior vita che non lo avesse acquistato” secondo la celebre definizione di Guicciardini.

Alessandro era nato il 2 febbraio 1468, probabilmente a Canino; quindicenne venne avviato alla carriera ecclesiastica; presto entrò in relazione con il mondo dei curiali anche grazie agli studi umanistico-antiquari compiuti a Roma sotto la guida di Pomponio Leto. Fra il 1486 e l’89 visse a Firenze nella cerchia di Lorenzo il Magnifico; nel 1494, tornato a Roma fu nominato dal papa Alessandro VI tesoriere generale, cardinale diacono e nel 1494 legato del patrimonio di S.Pietro. Compra i terreni su cui sarebbe stato poi edificato il Palazzo Farnese ed amplia la sua corte romana che conterà oltre 300 persone, la più numerosa delle corti cardinalizie residenti a Roma. Ottiene dal papa Leone X in vicariato perpetuo i suoi feudi nell’Alta Tuscia (Marta, Canino e Gradoli). Anche i matrimoni conclusi per i figli si collocano nel solco tradizionale di costruire legami con famiglie della Tuscia, a cavallo fra Siena e stato pontificio: così il figlio Pier Luigi sposa, all’età di dieci anni, Gerolama Orsini di Pitigliano, stringendo in tal modo un alleanza con i territori a nord del Patrimonio di San Pietro.

Nel periodo in cui Alessandro è cardinale, Antonio da Sangallo il giovane sarà incaricato, a partire dal 1517, della ristrutturazione di numerose rocche e castelli medioevali al fine di trasformarli in palazzi signorili per accogliere degnamente i vari membri della famiglia Farnese.

Alla proprietà dei Farnese mancava il sito di Castro, particolarmente importante per la sua posizione strategica.

Il 13 ottobre 1534 Alessandro Farnese venne eletto papa con il nome di Paolo III; fu promotore, come sovrano spirituale, della riforma della chiesa nel concilio di Trento e, in particolare, per la storia della famiglia, autore di uno sfrenato nepotismo: sulla sua discendenza diretta rovescia una vera pioggia d’oro, sotto forma di benefici ecclesiastici, cariche e feudi. Così, a rafforzare il suo prestigio e la difesa del confine settentrionale dello Stato pontificio riuscì ad ottenere la città di Castro nel marzo del 1537. Nello stesso anno erige a Ducato il territorio pertinente ai castelli di famiglia, fissandone la capitale a Castro e nominando suo figlio Pier Luigi duca, conferendogli il pieno possesso ed il dominio sugli antichi possedimenti compresi fra il mare ed il lago di Bolsena, e della contea di Ronciglione.

Un territorio dello Stato della Chiesa, vasto e fertile, tanto da essere chiamato il “granaio di Roma” e per di più di notevole importanza. strategica.

Castro, antica sede vescovile, divenne in breve un fervente cantiere destinato alla città ideale voluta da Alessandro e progettata da Antonio da Sangallo il giovane. I lavori presero avvio nel 1537 e proseguirono per il resto della vita di Sangallo fino al 1546. Il Sangallo progettò per Castro la Piazza maggiore, il Palazzo Ducale, il Palazzo di Giacomo Baronio, la Zecca, il Palazzo di Antonio Scaramuccia e l’Osteria, la chiesa ed il convento di San Francesco e varie case private. I Farnese tentarono di ripetere a Castro quel miracolo architettonico riuscito a Pio II Piccolomini a Pienza; ma la creazione di un ulteriore ducato destinato ai Farnese, il Ducato di Parma e Piacenza, oscurerà ben presto l’interesse per il ducato di Castro, abbandonata da Pier Luigi per le città padane, più consone a far assurgere la casa Farnese a “onori sublimi di principato”.

Fu allora Alessandro, il figlio di Girolama Orsini e di Pierluigi, creato cardinale dal papa nel 1534, ad amministrare con oculatezza il Ducato emanando provvedimenti per ristabilire l’ordine e rafforzare l’autorità statale, realizzare numerose opere pubbliche nelle città del Ducato.

Si può comprendere come, alla morte di Paolo III avvenuta nel 1549, i Farnese fossero particolarmente invisi a molte casate nobiliari italiane e perché Roma vedesse di malanimo i ducato castrense, uno stato autonomo all’interno dello stesso Stato della Chiesa.

Divenuto papa Giovan Battista Panphilij, la famiglia che vantava più crediti nei confronti dei Farnese, con il nome di Innocenzo X, i contrasti dei Farnese con il papato si acuirono. Il 17 aprile 1648 il papa, senza consultare Ranuccio II Farnese, nominò vescovo di Castro monsignor Cristoforo Giarda. Ranuccio II gli vietò l’ingresso in città; passò un anno ma la situazione non migliorò, fino a che il Giarda, diretto da Roma a Castro fu vittima di un agguato di cui Innocenzo X attribuì la responsabilità a Ranuccio II. Di qui la decisione di attaccare militarmente il ducato; Castro capitolò il 2 settembre 1649 e, otto mesi dopo il papa ne ordinò la totale distruzione: furono rasi al suolo tutti gli edifici, compresi la chiesa principale, la zecca, le abitazioni gentilizie.

Il territorio del piccolo Stato fu definitivamente riaggregato alla provincia del Patrimonio di San Pietro, la Tuscia. Ricorda Maria Vittoria Patera (Il Museo civico archeologico “Pietro e Turiddo Lotti” di Ischia di Castro), citando il Biondi 1993 che “a Castro fu presente una folta comunità ebraica fin dal 1537. Ad essi fu concesso di conservare le proprie abitudini religiose, di avere dipendenti cristiani, di non portare il segno distintivo in città e di essere esenti da tasse di estrazione e di passo. Nonostante le numerose restrizioni papali la comunità ebraica riuscì a vivere a Castro quasi ininterrottamente e a sostenere l’economia del Ducato fino al 1649.”

Alla distruzione di Castro i membri della comunità ebraica furono costretti a rifugiarsi a Pitigliano (governata dagli Orsini) dove furono presenti fino alla seconda guerra mondiale quando furono decimati dalle truppe tedesche. Rimangono a Pitigliano importanti strutture edilizie (sinagoga, bagni, panifici ecc.) testimonianza della loro fattiva presenza, agevolata dalla comunità cristiana.