Cellere pagus etrusco
Ritrovamenti etruschi venuti alla luce nell’antico agro vulcente in prossimità del moderno abitato di Cellere, e nelle zone immediatamente limitrofe, si collocano in particolare nelle aree attraversate da strade antiche, lungo le quali si formarono il maggior numero di insediamenti.
Ci riferiamo al territorio compreso fra Cellere ed Ischia di Castro e fra Cellere e Valentano; una zona viva e molto popolosa nel periodo etrusco con un ruolo importante nell’ambito dell’organizzazione del territorio.
Il primo documento in cui compare il toponimo Cellules riferibile a Cellere è un atto di compravendita datato nel marzo del 738 d.C.; dall’utilizzo di tale toponimo si può far risalire il nome del primitivo centro etrusco all’esistenza di piccoli ambienti siano essi pozzi, cantine o colombari. Anche per la località Oppio, compare il toponimo Oppidum per indicare un’area non lontana dalla chiesa di S.Egidio.
Come abbiamo già visto, Cellere etrusca era nel territorio di Vulci ed era formata da almeno tre piccoli insediamenti localizzati nella zona di Antea e lungo il crinale di Monte Marano.
Le aree interessate dei ritrovamenti sono: Monte Marano, Poggio Marinello, Antea, Oppio, Monte Maria e Tufelle; in località Valle Bellagamba sono stati ritrovati resti di un insediamento di età proto-storica. La zona più ricca di reperti è senza dubbio la dorsale di Monte Marano che configura un tipico crinale che va da Antea fino al colle di Monte Marano, di cui ho già parlato. Come riporta Maiorano però, da alcuni documenti consultati presso la Soprintendenza Archeologica, sembra che le strutture murarie qui individuate e corrispondenti ad un vicus etrusco-romano, siano state irrimediabilmente distrutte.
La tipologia degli oggetti ritrovati comprende ciotole, bacini, olle, ceramiche figurate ed abbondante materiale edilizio. Per quanto riguarda invece le strutture venute alla luce e riconducibili ad epoca etrusca si tratta di tombe a camera, colombari, tagliate, murature in blocchi di tufo, resti di tracciati viari individuati soprattutto nelle località di Pianiano e di Monte Maria.
Esistono in tali aree dei colombari parzialmente interrati ed alcune grotte con tracce di lavorazioni, sicuramente riutilizzate in epoca medievale come deposito per derrate alimentari e per attrezzi agricoli o come ricovero di animali. Sulla strada che sale verso Pianiano è stata trovata anche una interessante tagliata.
Dei ritrovamenti che riguardano le aree strettamente a ridosso del moderno abitato di Cellere, (Antea, Crinale di Monte Marano) abbiamo già trattato; interessa ora individuare i reperti venuti alla luce nelle zone a nord di Cellere verso Ischia di Castro e Valentano.
La zona orientale del territorio vulcente viene occupata a partire dalla prima metà del VI sec.a.C. da una serie di piccoli insediamenti posti all’estremità dei lunghi pianori di tufo vicini a corsi d’acqua come il Fosso della Paternale, Strozzavolpe e del Timone.
Tale area è collocata sulla dorsale parallela a quella che da Monte Marano arriva fino a Cellere e ne conserva le medesime caratteristiche.
Ad est di Ischia di Castro si trovano due siti in località Poggio Truscione ed il Pontone. Si tratta di piccoli insediamenti di circa un quarto di ettaro che dominano la valle, percorsa dallo Strozzavolpe che, partendo dai monti della Doganella attraversava la piana di Vulci; all’altra estremità del Pontone una tagliata ed un complesso sepolcrale delimitavano l’area di sviluppo dell’insediamento.
A meridione di tale area a due chilometri da Ischia ed a ponente sulla via per Cellere, c’è l’insediamento della Lacetina di difficile identificazione scavato dal Giglioli che riporta la presenza di una fogna e di canali di scolo oltre le abitazioni e le sepolture poste sullo stesso pianoro; ancora più a sud è situato il complesso della Selva in cui è importante la presenza di almeno due tagliate e di un nucleo sepolcrale posto lungo il pendio dell’insediamento.
Il complesso più importante di questa zona12 è senza dubbio quello di Poggio Cericotto: una lunga tagliata mette in comunicazione il fondovalle con un ampio pianoro sul quale è situata l’area di scavo. Ai suoi margini inoltre si segnala la presenza di altri piccoli nuclei forse dipendenti da Poggio Cericotto. Si tratta di un insediamento più grande e più antico degli altri presenti in questa zona; ciò è confermato anche dai ritrovamenti: nell’abitato si trovano anche frammenti italo-germanici, etrusco-corinzi ed attici.
Sul pianoro opposto si trova un altro insediamento in località Querceto contraddistinto dalla presenza di grandi quantità di materiali d’abitato e da due piccoli nuclei sepolcrali. Dunque nello spazio di pochi chilometri si dispongono più nuclei insediativi che mantengono fra di loro una distanza costante e che hanno una ben definita sfera d’influenza imposta dalla naturale varietà del paesaggio. I centri agricoli più antichi sono anche quelli più estesi che gravitano sul corso dello Strozzavolpe, non solo riserva idrica ma anche via di comunicazione con la piana vulcente.
Per quanto riguarda la zona che da Castro si estende a meridione, essa presenta altri insediamenti di piccole dimensioni che mantengono costante il rapporto fra la scelta del sito, le risorse e le vie di comunicazione; inoltre la scoperta di un nucleo sepolcrale sulla strada che va da Montalto a Cellere (nei pressi dei monti della Doganella), fa pensare che il rapporto abitato – sepolcro fosse lo stesso delle altre zone del territorio vulcente.
Per quanto riguarda l’area ai margini della selva del Lamone , è caratterizzata da insediamenti di età arcaica; infatti nel VI sec. a.C., con la nuova fase del popolamento del territorio di Vulci, si ebbe la necessità di intraprendere lo sfruttamento di terre ed aree marginali rispetto ad i siti già esistenti molti dei quali entrarono in crisi.
Le ricerche hanno portato all’individuazione di quattro sicuri insediamenti che circondano gli attuali confini della Selva del Lamone e si affacciano sul fiume Olpeta.
Tali abitati sono posti tra foresta e fiume Olpeta: in tutti i siti sono presenti piccole ciotole in bucchero, ceramica d’impasto con olle, ciotole e grandi contenitori per derrate. I manufatti appartengono all’arco di tempo che va dal VI al III sec. a.C..
Il sito più interessante è quello di Rofalco; si tratta di un villaggio posto ai limiti meridionali della Selva in cui sono stati rinvenuti grandi contenitori per la conservazione di derrate e di liquidi.
Tali contenitori erano necessari per avere subito a disposizione l’acqua in quanto il corso dell’Olpeta è separato dall’insediamento da una profonda scarpata.
Il rinvenimento più importante è una grande opera in muratura che recinge tutto l’abitato sul lato verso la selva. Si tratto di una cinta di circa 280 metri di lunghezza con almeno tre aperture cui si affiancano del bastioni a corpo pieno realizzati ad opera incerta.
Una serie di altri insediamenti databili al VI sec.a.C., si trovano sull’asse viario imperniato sul corso dell’Olpeta, a controllo di tutta la piana vulcente, lontani dalle più importanti vie di comunicazione. Questo è un tratto caratteristico del V sec. in cui le campagne si spopolarono e continuarono a vivere solo i grandi centri agicoli.
In questa fase si assiste ad un nuovo interesse di Vulci per le aree a nord del suo territorio ed un contemporaneo spopolamento delle aree meridionali fra cui con ogni probabilità anche Cellere.
La crisi di centri come Castro e Poggio Buco è la conseguenza di nuovi indirizzi imposti da Vulci volti all’estensione verso Pitigliano –Sovana – Saturnia, e di una nuova politica che non privilegia più i piccoli centri ma i nuclei più grandi, finalizzati alla produzione agricola e controllati direttamente dalla città. In questa fase si forma il grande centro della Doganella con un più esteso sfruttamento delle terre a fini produttivi.